Messina dopo il disastroso terremoto del 28 dicembre 1908 Per alcuni mesi – scrive Enzo Tagliacozzo – rimase in stato di completa disperazione; poi riuscì a trovare le forze per reagire aggrappandosi al lavoro e trovando in esso la sua ragione di vita. Ma dal 1909 in avanti un velo di pessimismo e di tristezza pervase la sua vita prendendo il posto dell’ottimismo e della fede nel progresso che avevano costituito la cifra peculiare del suo stato d’animo e il contenuto costante dei suoi discorsi fino al 1908. – La vita – si confida all’amico Giustino Fortunato in una lettera posteriore al terremoto – non può avere per me altro scopo, se non quello di dimenticare me stesso in opere che mi leghino agli altri, in attesa che l’ora suprema mi liberi da un peso continuo di dolore. – [Enzo Tagliacozzo, Gaetano Salvemini nel cinquantennio liberale. Firenze, La Nuova Italia, 1959, pp. 78-79]
Questo sito utilizza i cookies. Utilizzando il nostro sito web l'utente dichiara di accettare e acconsentire all’ utilizzo dei cookies in conformità con i termini di uso dei cookies espressi in questo documento. OKLeggi di più