Gaetano Salvemini in una foto di inizio Novecento al tempo “del ministro della malavita” (circa 1910). Nel primo quindicennio del Novecento, Salvemini diventò un accanito avversario del primo ministro Giovanni Giolitti, bollato in un famoso articolo del 1910, come il “ministro della malavita”. Secondo Salvemini un’ accusa così grave era giustificata dall’adozione da parte di Giolitti di un ramificato sistema clientelare di governo e dai metodi antidemocratici con cui gestì le elezioni politiche del 1904 e del 1909, che fruttarono al capo di governo circa duecento deputati. Nelle aree più arretrate del paese, specie nel Meridione, dove l’opinione pubblica e le opposizioni erano più deboli, Giolitti non esitava a ricorrere, mediante la rete di suoi fiduciari e dell’apparato poliziesco dei Prefetti, a qualsiasi forma di pressione e di intimidazione sui cittadini affinché venissero eletti i deputati a lui favorevoli.