Incontro tra vecchi amici: da sinistra Maritza Bolaffio, Salvemini , Vincenzo Torraca, Ada ed Ernesto Rossi (1949). Dopo il ritorno poté riabbracciare dopo quasi diciotto anni il suo miglior amico, Ernesto Rossi, a cui lo legava un profondo legame affettivo e spirituale. Nella prima lettera che Rossi, esule da pochi mesi in Svizzera, riesce a scrivere a Salvemini nel marzo 1944, esprime per prima cosa tutto il debito di riconoscenza che un figlio deve al proprio padre: -E’ con un senso di inesprimibile commozione che incomincio a scriverti. Quante volte in tutti questi anni ho pensato a te (…) Quando nella solitudine della mia cella pensavo alle persone che veramente avrei desiderato di riabbracciare, di cui sentivo la lontananza, con le quali prima di morire avrei voluto passare qualche giorno insieme, prima che a tutti gli altri pensavo alla mamma e a te. A te devo più riconoscenza che ad ogni altro uomo. Col tuo esempio mi hai impedito di cadere in uno sterile scetticismo; hai dato un significato alla mia vita: mi hai insegnato a porre problemi, a vedere in modo concreto le cose di questo mondo; mi hai fatto conoscere le persone che più ho stimato e che più stimo; sei stato la mia guida, non solo per la politica, ma per la vita in generale. Che almeno una volta ti ringrazi di tutto cuore senza ritegni.- [Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini, Dall’esilio alla Repubblica. Lettere 1947-1957. A cura di Mimmo Franzinelli. Torino, Bollati Boringhieri, 2004, p. 3]