Un figlio per nemico
Gli affetti di Gaetano Salvemini alla prova dei fascismi
Prefazione di Massimo L. Salvadori
Il 28 dicembre 1908 un violento terremoto rase al suolo Messina. Gaetano Salvemini, che allora insegnava lì, sopravvisse a quella sciagura, ma non gli furono risparmiati né la moglie, né la sorella, né i cinque figli che per settimane cercò tra le macerie. In molti accorsero per aiutarlo in quella dolorosa ricerca. Tra questi Fernande Dauriac, che diventerà sua amica e poi compagna di vita. Nel 1916, Fernande e Gaetano si stabilirono a Firenze con Jean e Ghita, i figli che Fernande aveva avuto dal primo marito. A loro Salvemini era molto legato, specie a Jean, un ragazzo vivace e appassionato di politica, che considerava come un figlio. Questo legame sarebbe stato per Salvemini all’origine di una seconda tragedia familiare: Jean, in seguito alle vicende meticolosamente ricostruite in questo libro, finirà per aderire al nazismo, e diventerà nella Francia occupata dai tedeschi il «Führer della stampa collaborazionista» (proprio così venne definito). Questa scelta lo portò nel 1944 a riparare in Germania, da dove esortò allo sterminio della Resistenza francese. Arrestato nel 1945, l’anno seguente sarà processato e giustiziato come traditore. Chi c’era quel giorno, quando Salvemini seppe della fucilazione di Jean, ricorda lo sforzo che egli fece per trattenere le lacrime, e gli sentì dire: «ho voglia di morire». Filomena Fantarella racconta questa storia, colmando così una grave lacuna nella vita privata di uno dei maggiori protagonisti del Novecento italiano. Lo fa attraverso l’analisi di lettere inedite, da cui emerge un dramma familiare che si intreccia strettamente con quello della catastrofe fascista. La lettura di quei fogli dimenticati offre un reticolo nuovo attraverso il quale traguardare la complessa vicenda umana di Salvemini.
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